Questa è una delle testimonianze della dott.ssa Biologa Nutrizionista Francesca Marcon, membro del comitato scientifico di EINUMM che applica i principi della Medicina Nutrizionale e Metabolomica nella sua professione.
“Conobbi S., 24 anni, perché da un anno soffriva di lupus eritematoso sistemico, e da una biopsia renale i medici avevano diagnosticato anche una iniziale nefrite lupica (proteinuria 0.48 g/24h). Ovviamente era seguita a livello farmacologico con immunosoppressore, idrossiclorochina, cortisone, ramipril e vitamina D3, ma lei comunque continuava a sentirsi stanca, aveva dolori alle ossa quasi tutti i giorni e una eruzione cutanea al viso che le causava disagio anche nel rapportarsi con le altre persone. Lei voleva assolutamente stare meglio, e fu così che decise di intraprendere il percorso della medicina nutrizionale.
Per il suo caso lavorammo come équipe medico-nutrizionista, al fine di ottenere maggiori risultati. In base alla mia esperienza, la collaborazione tra queste 2 figure professionali è sempre stata di successo, perché unisce la pratica medica con la parte di nutrizione che spesso viene tralasciata, e che invece è fondamentale per il trattamento del paziente. E’ bello anche fare la valutazione della situazione sia dal punto di vista del medico che del biologo, perché amplia notevolmente la sfera di azione.
S. quindi si affidò a noi, e stava a noi aiutarla al meglio delle nostre possibilità sfruttando le conoscenze in ambito clinico e nutrizionale.
Sicuramente la situazione non era delle più semplici, lei stessa ci aveva detto che aveva avuto momenti di scoraggiamento, ma tuttavia pensava che si poteva ancora fare qualcosa. E infatti era così.
Nel caso di patologie autoimmuni, infatti, oltre alla gestione farmacologica, è importante anche ripristinare il corretto equilibrio biochimico, in quanto è una delle cause principali che portano all’insorgenza di queste malattie.
Iniziai quindi con le domande sulle abitudini alimentari. Ricordo ancora il suo imbarazzo: avevo percepito che si stava trattenendo nel rispondere, per cui la rassicurai e le dissi che doveva dirmi tutto senza riserve, perché solo in quel modo avrei capito come aiutarla al meglio. Quando cominciò a rispondere alle domande capii il motivo del suo imbarazzo: dire che mangiava molti carboidrati era un eufemismo! 3-4 pagnotte al giorno, pizza con le patatine 4 volte a settimana, dolci ogni giorno… C’era un gran lavoro da fare! Contrariamente a quanto si possa pensare però, il fatto che mangiasse così male per me fu un aspetto positivo: questo infatti significava che c’era molto più margine di miglioramento per la sua situazione fisica.
Come poi era facilmente intuibile, il suo metabolismo era anche di tipo proteico, per cui le ridussi notevolmente le quantità dei carboidrati, aggiunsi del pesce e le uova (che mangiava di rado), e sistemai le frequenze della carne. Aumentai le verdure, l’apporto di acqua e infine eliminai tutti i cibi preconfezionati e raffinati. Come integrazione il medico diede un multivitaminico, degli antiossidanti, vitamina D (di cui era ancora molto carente), e omega 3-6-9.
Il primo periodo fu difficile per S., infatti mi raccontò in seguito che svenne 2 volte, si sentiva debole e si accorse che stava passando una fase di disintossicazione dagli zuccheri. Era determinata e voleva farcela a tutti i costi, ma assieme al medico le spiegammo che ogni corpo poteva andare incontro a diverse reazioni, per cui doveva tenere informati sia noi che l’équipe ospedaliera se le cose non andavano bene, e allora ognuno avrebbe rivalutato la situazione in base al settore che lo competeva. Ogni corpo infatti ha un differente tempo e modo di riparazione, non c’è uno standard uguale per tutti.
Dopo qualche mese rividi S.: mi disse che si sentiva rinata. Aveva perso 9 kg, riacquistato energie e speranze e si era proprio resa conto dell’effetto deleterio degli zuccheri per il suo corpo.
Negli anni la situazione del lupus migliorò sempre di più, come anche il suo viso, che ora non presentava più alcuna eruzione cutanea. Orgogliosa, ci disse che i medici dell’ospedale avevano deciso di sospendere la terapia farmacologica, in quanto non c’era motivo di mantenerla viste le sue condizioni cliniche: la sua battaglia l’aveva vinta.”
Dott.sa Francesca Marcon